515 milioni l’anno dallo Sportello unico doganale

Riconquistare i traffici di merce destinati all’Italia ma che transitano per altri scali stranieri consentirebbe di recuperare entrate per oltre 515 milioni di euro ogni anno. Lo ha spiegato Giovanni De Mari, presidente del Consiglio nazionale degli spedizionieri doganali, intervenendo a un seminario organizzato dalla Confcommercio in occasione del quale ha posto l’accento sul fenomeno di distorsione di traffico dai porti italiani verso quelli del Nord Europa.

Alcune fonti – secondo De Mari – ritengono che circa il 47% di tutte le merci che fanno ingresso in Italia, faccia scalo in porti di altri Stati membri dell’UE, dove vengono immesse in libera pratica, per poi proseguire verso il nostro Paese ed entrare quindi nei mercati di consumo. E ciò nonostante il fatto che godiamo di un posizione geografica nel Mediterraneo particolarmente favorevole, soprattutto per i traffici provenienti dal Medio ed Estremo Oriente“. Le conseguenze in termini erariali sono notevoli.

In Germania – ha aggiunto Mari – in base agli ultimi dati a noi disponibili, ci risulta siano state presentate nell’anno 2009 circa 112 milioni di bollette doganali, mentre in Italia ne sono state depositate solo 17 milioni. Tuttavia, il dato sul quale occorre riflettere maggiormente, è che in Germania tali operazioni hanno fruttato allo Stato dazi all’import per un valore di 2,6 miliardi di euro, mentre in Italia, nello stesso periodo, sono stati raccolti solo 1,3 miliardi di euro, circa un settimo di quanto riscosso dalle dogane tedesche“.

Bisogna ricordare infatti che solo il 75% dei dazi riscossi dalle dogane degli Stati membri dell’UE va ad alimentare il bilancio comunitario mentre il rimanente 25% affluisce direttamente alle casse dello Stato. “Nel periodo preso in considerazione, i container con merce destinata all’Italia ma immessi in libera pratica (con relativo versamento dei dazi) attraverso i soli porti di Amburgo e Rotterdam sono stati 2,5 milioni”, ha concluso il presidente De Mari.

Se tutta questa merce, destinata al nostro Paese, fosse entrata attraverso i porti italiani, il livello di dazi percepiti dallo Stato sarebbe stato superiore a quello riscosso in Germania. Senza contare poi i nuovi posti di lavoro (da noi stimati in circa 12mila unità), che si sarebbero venuti a creare nel comparto della logistica”. Uno studio della Bocconi presentato pochi mesi fa, ha quantificato in 37,4 miliardi di euro l’impatto economico attesto nel periodo 2012-2020 per i cosiddetti “costi del non fare” relativamente alla mancata applicazione dello Sportello Unico Doganale.

Questo meccanismo porterebbe il tanto auspicato coordinamento degli iter procedurali di tutti gli enti che intervengono, a vario titolo, in un operazione di commercio estero. De Mari, oltre a ricondurre a un’unica regia l’azione dei vari organismi di controllo, chiede in particolare una “razionalizzazione dei controlli deconcentrandoli dai punti di ingresso delle merci nel territorio nazionale (porti, aeroporti, interporti) e intensificandoli lungo tutta la catena logistica, fino al momento dell’arrivo delle merci presso i punti vendita“. L’obiettivo della deconcentrazione dei controlli nei punti di ingresso e del loro coordinamento è quello di evitare costi di stoccaggio e di movimentazione inutili per i contenitori, il cui effetto è solo quello di far lievitare il prezzo finale delle merci.

Fonte: Trasporto Europa